LA COLLABORAZIONE DEI FAMILIARI NELLE AZIENDE

Dopo la completa soppressione dei voucher (decreto legge n.25/2017) e il successivo riordino della loro disciplina che ne ha, di fatto, fortemente limitato l’impiego, si ripropone il problema del lavoro occasionale.

Ci domandiamo, in particolare, come è regolata l’attività occasionale prestata da familiari nell’ambito di una azienda familiare artigiana, agricola o commerciale. E’ o non è lavoro?  Occorre o meno  formalizzare il rapporto con l’Inps?

Chi sono i familiari
Vediamo anzitutto cosa si intende per familiari.  Il riferimento è al vincolo di parentela e di affinità entro il terzo grado, fatta salva una specifica previsione fino al quarto grado per il settore agricolo. Sono parenti di primo grado i genitori e i figli; di secondo grado i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli; di terzo grado i bisnonni e gli zii; i nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado. Riguardo agli affini, sono tali i parenti del coniuge: di primo grado i suoceri; di secondo grado i nonni del coniuge e i cognati; di terzo grado i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge, i nipoti intesi come figli dei cognati.

Collaborazione gratuita
I paletti sulle collaborazioni occasionali rese dal familiare nell'ambito delle imprese dei settori sopra citati, sono stati fissati dal Ministero del Lavoro (note 10478/2013 e n. 14184/2013). Questo è quello che dice il Ministero.  Nella maggior parte dei casi, la collaborazione prestata all'interno di un contesto familiare è resa in virtù di una obbligazione di natura «morale», basata cioè sul legame solidaristico e affettivo proprio del contesto familiare, che si articola nel vincolo coniugale, di parentela e di affinità e che non prevede la corresponsione di alcun compenso. La circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escluderne l'obbligo d'iscrizione previdenziale. In alcune specifiche circostanze, anzi, per il Dicastero l'occasionalità della prestazione può essere qualificata come regola generale da tenerne conto anche in sede di verifica ispettiva. Due sono i casi specifici di utilizzo del concetto di lavoro gratuito occasionale indicati, e cioè i pensionati e i familiari già titolari di altro rapporto di lavoro full time. Per farla breve, se il nonno o il papà è pensionato, oppure ha un lavoro a tempo pieno, non c’è problema.

L’occasionalità
Per gli altri casi, il Ministero ha dato «un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale da poter utilizzare in linea generale», per l'attività ispettiva. Detto parametro è individuato in base alle previsioni di legge che per i settori agricoltura, artigianato e commercio disciplinano le cosiddette «prestazioni di natura occasionale rese dal familiare»: in particolare, il limite massimo della collaborazione gratuita e occasionale è fissato in 90 giorni nel corso di un anno solare, frazionabili in 720 ore. Ciò vuol dire che, nel caso di superamento di 90 giorni, il limite quantitativo si considera rispettato anche se l'attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno nel tetto massimo delle 720 ore annue. Sono entrate clamorosamente nella cronaca casi come quello del figlio di un barista che, nell’intervallo del pranzo dei genitori, sta al bancone per accontentare qualche avventore di passaggio e viene pizzicato da un ispettore del lavoro o dell’Inps, il quale multa il padre titolare per evasione contributiva. Insomma, prima di verbalizzare l’inadempienza, l’ispettore deve valutare il singolo caso concreto. 

COLLABORAZIONE FAMILIARI

 

INDEDUCIBILITÀ DEI COMPENSI CORRISPOSTI AI FAMILIARI

LAVORATORI AUTONOMI
Ai sensi dell’art. 54, co. 6- bis del TUIR: 

“Non sono ammesse deduzioni per i compensi al coniuge, ai figli, affidati o affiliati, minori d’età e permanentemente inabili al lavoro, nonché ascendenti dell’artista o professionista ovvero dei soci o associati per il lavoro prestato o l’opera svolta nei confronti dell’artista o professionista ovvero della società o associazione. I redditi non ammessi in deduzione non concorrono a formare il reddito complessivo dei percipienti.”

L’articolo in esame non nomina espressamente la parola familiari ma elenca quei familiari del professionista nei confronti dei quali vige l’indeducibilità dei compensi versati e cioè:

• coniuge
• ascendenti
• figli minori d’età o permanentemente inabili al lavoro.

Attenzione 
Il coniuge separato rientra tra i soggetti caratterizzati dall’indeducibilità dei compensi fino alla sentenza di divorzio.

Rientrano nell’ambito di applicazione dell’indeducibilità soltanto le prestazioni rese dai familiari elencati dall’art. 54, comma 6- bis TUIR in virtù di rapporti di lavoro dipendente subordinato e parasubordinato, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nonché, occasionale, come si evince anche dal riferimento al “lavoro prestato” (tipico del lavoro dipendente) ed alla “opera svolta” (espressione utilizzata con riferimento ai predetti rapporti di collaborazione).

Di conseguenza la norma non si applica ai compensi erogati dai professionisti ai propri familiari titolari di partita IVA, per prestazioni di lavoro autonomo, artistico o professionale, in quanto attività svolte autonomamente e non rientranti nelle locuzioni “lavoro prestato” e “opera svolta” utilizzate dal legislatore (Circolare Ministeriale n. 25/E/1997).
Sono in ogni caso deducibili i compensi corrisposti dal professionista ai familiari non ricompresi nella specifica elencazione del citato art. 54, comma 6-bis TUIR e cioè:

• figli maggiorenni abili al lavoro;
• altri discendenti (es. nipoti);
• parenti (es. fratelli, cugini, zii);
• affini (es. cognati, nuore, suoceri, generi).

IMPRENDITORI INDIVIDUALI
La disciplina della deducibilità dei compensi corrisposti ai familiari da parte di un imprenditore individuale è contenuta nell’art. 60 del TUIR, che prevede una disciplina speculare a quella relativa ai lavoratori autonomi.

IMPRESA FAMILIARE
Nel caso di impresa familiare il reddito dell’imprenditore può essere imputato, a specifiche condizioni stabilite dall’art. 5, comma 4 TUIR, nella misura massima del 49 % ai familiari che collaborano nell’impresa, in proporzione alle quote di partecipazione agli utili a loro riconosciute.

In presenza di una impresa familiare i compensi erogati dall’imprenditore al collaboratore familiare per il lavoro o l’opera prestata nell’impresa sono indeducibili; a tali fini si intendono per familiari:

• coniuge;
• parenti entro il terzo grado (es. figli, genitori,fratelli, zii);
• affini entro il secondo grado (es. suoceri, cognati).

Quindi il campo di applicazione dell’indeducibilità viene di molto ampliato se si è in presenza di un’impresa familiare rispetto alle “normali” ipotesi di indeducibilità che coinvolge solamente, come visto, i compensi erogati a coniuge, ascendenti e figli minori o permanentemente inabili al lavoro.

 

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